Ricordo quando ho iniziato – non senza difficoltà e paure– a lavorare come libera professionista.
Ottobre 2000: sono tornata a casa dall’azienda e ho detto a mio marito “voglio licenziarmi e fare la consulente. Lavorare negli incroci. Non per diventare ricca, voglio creare equilibri”.
Lui mi ha guardata – chssà come mai 🙂 – perplesso! E con il suo solito fair play mi ha risposto: ”va bene Miki, quello che vuoi tu”
Il giorno dopo – venerdì – mi sono licenziata e il lunedì ero a casa.
L’ultimo giorno sono rientrata a casa, mi sono sdraiata sul divano. Al buio. In silenzio. Come se avessi dovuto lasciare sedimentare quei 6 anni e ‘rigenerarmi’.
Dopo 6 anni ad assumere, valutare, licenziare, organizzare persone in azienda. A costruire progetti di formazione efficaci ed altri meno. A vivere la mia vita e ad ascoltare le storie personali di quella degli altri. Storie spesso difficili da raccordare a quelle aziendali, altrettanto.
Mi ero semplicemente convinta che si poteva fare qualcosa per far sì che ciascuno esprimesse il suo potenziale assumendosene però la responsabilità. Davvero.
Liberi e responsabili.
A chi sia mai successo di ricevere una lettera di dimissioni da un ragazzo disabile e di leggere dopo una manciata di giorni sul giornale che quel ragazzo si è buttato da un ponte, credo sappia distinguere la motivazione che porta a fare questo lavoro dai problemi di business, dal farsi notare, dal fare un cliente in più…
Troppo facile con un esempio così di impatto? Forse.
Infatti questo processo accade ogni volta. In ogni ‘caso’. Nessuno ha il diritto di giudicare chi ha maggiori difficoltà rispetto ad altri. Ed è opinabile che sia possibile farlo in assoluto.
Ognuno dentro di sé percepisce e valuta sé stesso e – come può –altri.
A volte – come capitava a me – hai il compito di valutare, scegliere. Dire di sì. Dire di no.
Non so se in questi undici anni mi sono mossa completamente bene nello sviluppare il mio business. Forse potevo fare di meglio. Posso fare di meglio. Si può sempre fare di meglio.
Senza perdere sé stessi e i propri valori e senza dare la colpa a tutto il resto del mondo.
Ho la certezza di aver aiutato tante persone. A volte facendo qualcosa per loro. Altre lasciandole nella loro situazione senza la fretta di fare un cliente.
Personalmente credo sia difficile.
La competenza e l’attitudine non sono date da un corso, da una specializzazione. Più che altro sono date da come ti senti dentro come persona.
Da quello che credi di avere risolto di te. Dalla tua onesta autoconsapevolezza. E da un ascolto speciale. Ovvero da fino a dove ti ascolti. Ti com-prendi. Onestamente. Fino a dove cogli i tuoi bisogni per poterli disgiungere dagli altri ed oltre a quali sei libero veramente di stare con l’altro. Dalla capacità di mediare se ci sono più ‘altri’ coinvolti. Sempre in azienda.
Solo dopo vengono le capacità di essere smart nel business e quant’altro.
Ogni volta che incontro una persona, che sia un privato, un imprenditore, o un gruppo la cosa più difficile è innanzitutto rispettarlo come essere umano.
Vedere la persona. E da lì partire. Non è semplice.
Il reticolo di passaggi, scambi, confronti tra te e l’altro è un continuo. La profondità delle persone non è sempre uguale. E sempre ti chiedi fino a dove è giusto spingersi nel rivelare ciò che vedi. La realtà è dinamica… i concetti sono sempre generalizzazioni. La persona però è lì. E’ viva. E’ lei e solo lei. E tu sei tu.
Non c’è altra certezza che due individui sono in relazione. E uno dei due è – come dice la psicanalisi – il soggetto supposto sapere. Supposto però e pur sempre soggetto!
Alcuni a volte ti fregano! O cercano di controllare tutto. J A volte le critiche che ricevi sono proprio significative di dove sono fermi. Altre ti rendi semplicemente conto che una parte di te è più toccata. E allora nasce la sfida. Quella più significativa.
Mi hanno detto di recente che il mio approccio è difficile. Lo so. Ma quello che rimane alle persone con cui lavoro è lì, solido. E soprattutto se ne fanno ciò che vogliono. Con o senza obiettivi!
Quello che accade quando lavoro con una persona è che i risultati sono veramente suoi. Non ci sono stampelle. Gli appartengono per sempre. A volte non sono un titolo sportivo o solo un incremento di fatturato. Sono anche e soprattutto una crescita umana che consente a quella persona di fare serenamente le sue scelte.
A volte sono solo questo. E dire “solo” è un ardire.
E’ la libertà di percepirsi migliori svincolati dai risultati pratici previsti. Pronti a riscontrarne altri inaspettati.
Liberi. Da quanto induce così spesso l’esterno. L’ambiente. La spinta alla performance interpretata in superficie.
Io voglio che quel merito resti al ‘cliente’. Alla persona.
Spesso non perdo tempo a farmi scrivere un feedback. Adoro riceverli, sì.
Ma perché inserirmi in un celebrare a volte così intimo? Io resto in morbida attesa. A tifare. Ad osservare. A volte risultati impercettibili prendono forma. In una telefonata, in una lascrima, due righe o parole trasmesse ad altri. Altre prendono semplicemente posto. Posto nella vita del cliente. Che è pronto ad andare. A fare senza di te. A dimenticarti a volte… buon segno.
Anche se a scuola ci insegnano che i feedback servono per vendere. O per trasmettere ad altri racconti rassicuranti.
E’ così. Accade che cominci a percepire che stanno evolvendo. Vedi quello che si separa, mentre prima era imprigionato. Vedi quello che cambia lavoro. Quello che fa le foto in alta montagna senza paura. La ragazza che parte… Gente normale. Che continua la sua strada.
E’ una gioia immensa. E’ la libertà che hai contribuito a fargli trovare.
E’ davvero fantastico quando ti ringraziano. Quando ti scrivono.
Ma quando non accade semplicemente tu devi sapere che hai fatto il tuo pezzo e loro il loro.
E se questo è accaduto è accaduto principalmente in loro.
I risultati del mio coaching non sono miei. Sono delle persone che accompagno.
Il marketing è un’altra cosa…e lo so… ci vuole il compromesso.
Ma è l’anima che lo suggerisce e noi ‘operatori al servizio degli altri’ dovremmo esercitarci ogni giorno…ogni giorno.
E ringraziare noi stessi e i nostri personali coach per quello che ogni giorno diventiamo.
Semplicemente.
Non occorre sgomitare. Ciascuno ha il posto in prima fila nella sua vita